« Fin dalla nostra infanzia, ci hanno fatto vergognare del nostro corpo. Tanto per cominciare, ci impediscono di masturbarci, con pretesti (…) assurdi, ci impediscono di mettere i gomiti sul tavolo, ci obbligano a non restare mai nudi. Ci fanno vergognare del nostro corpo perché traduce i nostri desideri, anche quando non osiamo dirlo. Ci hanno detto : sottomettetevi nella vostra carne, portate cravatte, mutande e reggiseni, fate il saluto militare, non sdraiatevi nel prato, non sedetevi nell’ufficio del vostro capo senza essere invitati, restate seduti in classe… […]
LIBERA DISPOSIZIONE DEL NOSTRO CORPO
Tout ! n. 12, 23 aprile 1971, Journal du groupe « Vive la révolution » FAHR
Il nostro corpo è in relazione continua con lo spazio, quindi dobbiamo
« riconoscere che gli individui nella società subiscono oppressioni legate alle loro caratteristiche fisiche. Il corpo umano non può essere trascurato quando studiamo la concezione che le persone hanno del pericolo, della distanza, della violenza, dell’ostilità del contesto in cui vivono, della salute e delle pratiche spaziali che mettono in atto »
Francine Barthe-Deloizy, 2003, Géographie de la nudité. Etre nu quelque part. Ed. Bréal.
Il nostro corpo « segna la frontiera tra sé e gli altri […] E’ un mezzo per entrare in contatto con lo spazio e per sperimentarlo »
Gill Valentine, 2001, Social Geographies: Space and Society, New York : Prentice Hall, p. 15.
Il nostro corpo è un supporto eccezionale d’esercizio della sovranità dello stato : non si governa solo la popolazione ma anche i singoli corpi, corpi produttivi e riproduttivi. Il nostro corpo è la frontiera tra l’intimo e il pubblico, lo spazio personale e individuale in cui vengono integrate o contestate le norme collettive. Il nostro corpo « non solo è nello spazio ma è spazio »
Johnston L. et Longhurst R., 2010, Space, Place, and Sex: Geographies of Sexualities, Lanham MD : Rowman and Littlefield.
Il nostro corpo
« è anche direttamente immerso in un campo politico: i rapporti di potere operano su di lui una presa immediata, l’investono, lo marchiano, lo addestrano, lo suppliziano, lo costringono a certi lavori, l’obbligano a delle cerimonie, esigono da lui dei segni ».
Michel Foucault Sorvegliare e punire
Il nostro corpo,
« in realtà, è sempre altrove. È legato a tutti gli altrove del mondo. E, a dire il vero, è altrove solo nel mondo. Perché è intorno a esso che le cose si dispongono, è rispetto a esso, e rispetto a esso come rispetto a un sovrano, che ci sono un sopra, un sotto, una destra, una sinistra, un avanti, un dietro, un vicino, un lontano. Il corpo è il punto zero del mondo, là dove i percorsi e gli spazi si incrociano. Il corpo non è da nessuna parte ».
Michel Foucault, “Il corpo, luogo di utopia”
Ma il corpo delle donne
« è dappertutto, affisso, filmato, pubblicizzato. Corpo standard, stra-normato. Non ne posso più di queste immagini del corpo, messo in scena, codificato in modo da rispettare scrupolosamente le gerarchie sociali che dividono e mettono in relazione i corpi tra di loro ».
Ton corps est un champ de bataille (fanzina, Lione, 200?)
La guerra condotta contro il corpo delle donne
« è una guerra contro il nostro diritto di esistere così come siamo, con le nostre imperfezioni, i e difetti, […] le rughe, i segni, con i tratti con i quali siamo nate e che si trasformano nel corso della vita […] ». La guerra condotta contro il corpo delle donne « è anche una guerra contro il nostro diritto a esistere semplicemente, con tutte le nostre forze, i nostri limiti, le capacità e vulnerabilità, nella nostra completa diversità e nella nostra comune umanità ».
Carla Rice, 1994, Des territoires occupés : nos corps. Transformer la relation à notre corps. http://tahin-party.org/textes/carlarice.pdf “ Out from Under Occupation. Transforming Our Relationships with Our Bodies ” Canadian Woman Studies/Les Cahiers de la Femme, Volume 14, Number 3 (Juillet 1994).
La guerra condotta contro il corpo delle donne
« è anche un conflitto sulla razza e il colore della pelle. Conflitto che si gioca attraverso stereotipi, profondamente radicati, sul valore e la bellezza della bianchezza che impregna la nostra cultura e il nostro linguaggio, e che sono utilizzati per colonizzare le persone non bianche e le società non occidentali ».
Carla Rice, 1994, Des territoires occupés : nos corps. Transformer la relation à notre corps. http://tahin-party.org/textes/carlarice.pdf “ Out from Under Occupation. Transforming Our Relationships with Our Bodies ” Canadian Woman Studies/Les Cahiers de la Femme, Volume 14, Number 3 (Juillet 1994).
E in mezzo a tutti questi corpi,
« c’è il mio corpo. Il mio corpo che sono io, che reagisce, che si immobilizza. Somma di tutte le semantiche che si sono sviluppate attorno alla mia vita, che perde il pelo ma non il vizio, che imbianca ad andare con gli imbiancati, la cui capacità riproduttiva esplode e si annulla di fronte allo stress. Un corpo plasmato dal discorso collettivo, dal movimento, nel senso del poco sport che faccio, dal movimento nel senso di quello dei movimenti che ha fallito e che me lo scrive addosso. Polmoni che hanno respirato CS, ma testa che non è stata ancora mai rotta da un manganello. Figa penetrata da troppe persone che non ci si sarebbero dovute avvicinare, ano lavorato da lingue mani peni dildi, ma soprattutto bocca che ha dovuto ingoiare troppe volte lo schifo prodotto da questa società, il fascismo, la violenza sessista, la molestia indiscreta che si ripropone per strada, a casa, nel centro sociale. […] ».
Retroguardia
« un corpo nudo
non è solamente un corpo nudo
è un prodotto commerciale
un’arma di coscienza di massa
un territorio in guerra permanente
tutto dipende dal contesto in cui si mostra il corpo nudo
che fa il corpo nudo
di chi è il corpo nudo
com’è il corpo nudo
il contesto
il genere
la razza
la classe
l’età
variabili della differenza
variabili dell’oppressione
corpo di donna
corpo di donna nuda
oggetto da modellare
liposuzione
crema
depilazione
intimo delicato
e una borsa di vuitton
corpo di donna nuda
spazio da abitare
abitare, secondo Lefebre, è appropriarsi di qualcosa. Ma appropriarsi non è avere qualcosa in proprietà, ma fare un’opera, modellarla, formarla, metterci il proprio marchio.
corpo di donna
corpi poveri
corpi vecchi
corpi strani
corpi anormali
spazi da abitare,
da far appropriare,
per farne la LORO opera
per modellarla
formarla
metterci il proprio marchio
e se si ribella
e se resiste
e se non collabora con la loro oppressione
è un corpo da insultare
da incatenare
da violentare
stupro
arma di distruzione di massa […]
patriarcato
arma di distruzione di massa
corpo di donna
corpo di povera
corpo di negra
corpo di indigena
corpi strani
territori da occupare
secondo Michel Foucault, un territorio è una nozione giuridico-politica, e si riferisce a quello che è controllato da un certo tipo di potere territorio: ciò che è controllato da un certo tipo di potere corpo: ciò che è controllato da un certo tipo di potere quale potere? […]
Helen La Floresta« Donde yo mando », (traduzione dallo spagnolo di Alice)
Il mio corpo
E’ UN CAMPO DI BATTAGLIA
I suoi limiti disegnano l’ordine morale e il significato del mondo. Pensare il corpo è un modo per pensare il mondo. E allora io il mio mondo, il mio corpo, lo vedo, lo penso, lo creo così…: « Cerco le mie immagini da me. Ludiche. Ho cominciato a dipingere corpi, spesso gli stessi. Androgini. Ritmi, carezze, proiezioni di molteplici desideri, dipingere è un piacere. Una libido in atto. Ma anche il pensiero di lottare contro un’idea di annichilimento che mi logora lentamente : la malattia […]. Il corpo come luogo di sofferenza deve diventare un luogo di godimento. Non mi prenderà di sorpresa. Sono io che costruisco la mia propria abitazione in questo corpo, serenamente godendo ».
Ton corps est un champ de bataille (fanzina, Lione, 200?)
« […] La contrasessualità è una creazione artistica e noi siamo le artiste del punto G. La mappa del mio corpo si compone di milioni di dildo, tanti orifizi quanti sono i pori della mia pelle e potrei venire sfregandoti il collo con il naso, mentre mi penetri inaspettatamente un punto considerato impenetrabile. Stolto quello che un giorno mi disse “Si ma con l’incavo del braccio di sicuro non vengo”. Lo abbiamo confutato. Collettivamente, con la pelle, con le mani con la testa ».
http://retroguard1a.noblogs.org/post/2012/12/15/cosa-puo-un-corpo/
« Gli spazi di libertà che i corpi si prendono sono a volte inaspettati nella loro imprevedibilità di fronte al potere ». http://retroguard1a.noblogs.org/post/2012/12/15/cosa-puo-un-corpo/
Per questo
« Ho cominciato a praticare le SM come bottom e continuo a mettere le gambe all’aria ogni tanto. […] Oltre ad essere sadica sono pure feticista del cuoio. Se non ricordo male, secondo Krafft-Ebing è un’altra delle cose che le donne non dovrebbero fare […]. [Quindi] io sono per forza di cose une obsedée sexuelle e le vere lesbiche non sono obsedée sexuelles. Sono le grandi sacerdotesse del femminismo che fanno uscire la rivoluzione delle donne dal cappello. Se ho ben capito, dopo la rivoluzione delle donne, la sessualità delle donne consisterà nel darsi la mano, togliere la camicetta e danzare sorridenti in cerchio. Poi tutte si addormenteranno insieme. Se non si addormenteranno tutte nello stesso tempo, potrebbe succede qualcos’altro – qualche cosa di assimilato agli uomini, d’oggettivante, di pornografico, di bruyant e che manca di dignità. Qualche cosa come un orgasmo »
Pat Califia, La face cachée de la sexualité lesbienne, 1979. In Sexe et utopie (2008), Paris: La Musardine (vers. or. Slut in Utopia: The Future of Radical Sex)
Se non godo, se non rido, se non canto, se non scopo, se non tocco, se non gioco, « se non posso ballare, allora non è la mia rivoluzione » Emma Goldman
E se non ci sono le mie amiche, « io non sono niente ».
Diana Pornoterrorista
Loro sono lì se mi traformo nella
« La bella addormentata nel bosco. Si dice di solito di un’amante che si è dimenticata di avere una clitoride. Cade allora in una specie di sonnolenza di cui nemmeno lei conosce il motivo. Può restare in questo stato per un lasso di tempo indeterminato. Si sa di una bella addormentata nel bosco particolarmente solitaria dal momento che questo stato l’ha presa mentre era in mezzo ad un bosco. Cento anni sono passati prima che una amante non la trovasse nel corso di una passeggiata. Lo stato di sonnolenza volge alla fine per la bella quando [le amanti] le ricorda(no) con delicatezza che ha una clitoride »
Wittig, Monique e Sande Zeig, 1976, Brouillon pour un dictionnaire des amantes. Parigi : Grasset
Voglio
« Peli Si chiamano peli il glorioso vello che ricopre le gambe, le braccia, le ascelle, il pube e parte del corpo. [Alcune amanti] ammirano i disegni che essi formano. Certe ammirano il colore dei peli o la loro lunghezza. Certe ammirano come essi si distribuiscono sul corpo. Per molte amanti sono da invidiare coloro che hanno peli vigorosi e neri. Queste tagliano i propri peli perché ricrescano più forti e spessi ».
Wittig, Monique e Sande Zeig, 1976, Brouillon pour un dictionnaire des amantes. Parigi : Grasset,
Non voglio
« Vestiti Le cantastorie dicono che quando capita di chiedere alle amanti dei popoli delle amanti come piaccia loro vestirsi, queste dicono che non le piace farlo e pare proprio che [sia così] ».
Wittig, Monique e Sande Zeig, 1976, Brouillon pour un dictionnaire des amantes. Parigi : Grasset.
« Cominciamo con un’evidenza : la nudità in sé non significa niente e si riduce, alla fine, ad essere uno stato, quello di un corpo che nessun involucro e nessun segno ricoprono. Ma questa incredibile neutralità si cancella nel momento in cui la si mette in relazione ad un luogo, un contesto […]. Spogliarsi per fare la doccia è considerata una necessità, una banalità, andare all’opera o al ristorante completamente nud è considerato esibizionismo o provocazione. […] Nel primo caso, si tratta di una pratica corporale igienica che si svolge nell’ambito dello spazio domestico, nell’altro di una pratica culturale che implica delle regole di socialità definite per uno spazio pubblico. La nudità si riassume allora a questo binomio individuo/collettivo-privato/pubblico che regola le pratiche sociali ? […] Nel corso della storia e con vari pretesti, la nudità è stata caricata di valori, norme, tabu. E’ diventata scandalosa, eccitante, mordiba o innocente. Costituisce l’elemento di un vocabolario, di un linguaggio che aiuta a capire le società nelle quali si mostra. […] Il luogo serve da criterio di valutazione della nudità : incongruo e shoccante in certe situazioni, ordinario e quotidiano in altre. Questa situazione di nudo ordinario o eccezionale, spettacolare o banale ha per effetto di caratterizzare i luoghi nei quali la nudità ha il suo posto o no. La nudità produce luoghi […]. Quando la nudità fa irruzione nello spazio pubblico […] produce un formidabile impatto visuale e un effetto sovversivo incontestabile. […] La nudità, individuale o collettiva, privata o pubblica, crea luoghi, territori, pratiche, lavora sulle norme, sui codici, sulle storie, sulla morale e le ideologie ».
Francine Barthe-Deloizy, 2003, Géographie de la nudité. Etre nu quelque part. Ed. Bréal.
La nudità produce relazioni, il mio corpo produce relazioni…
IL MIO CORPO E’ UN CAMPO GIOCHI
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